Chi mi segue sui vari social network associati al blog (Facebook, Twitter, Instagram) saprà già dove sono stata questo weekend appena trascorso...ero a Barcellona per seguire il Primavera Sound Festival 2013! Un appuntamento per me oramai imperdibile essendo un evento che sa unire musica e streetstyle in un mix unico.
Purtroppo questo equilibrio è stato in parte spezzato da un clima incredibilmente rigido che ha costretto noi tutti a improvvisare look invernali con improbabili outfit "cipolla style" visto che nessuno si aspettava di dover affrontare venti polari e temperature al di sotto dei 10°! Fortunatamente i live act non sono stati boicotatti dalle condizioni climatiche ed eccetto qualche defezione dell'ultimo momento come i Band of Horses che a causa del maltempo non sono potuti essere presenti (con mio grande rammarico e grande gioia del mio fidanzato).
Dopo questa premessa cercherò di parlarvi in modo più dettagliato di questi tre intensissimi giorni!
DAY ONE
Partenza all'alba da Fiumicino, arrivo a Barcellona dopo un turbolento volo a causa delle avverse condizioni climatiche, perdersi alla ricerca dell'hotel e dopo due agognate ore di sonno per recuperare mi sono ritrovata a mangiare una squisita paella al ristorante Moncho's presso il centro commerciale Diagonal Mar sito accanto al Forum in attesa di poter iniziare il tour de force musicale che mi attendeva. Appena seduta al tavolo subito ho cominciato a respirare l'aria di Primavera Sound visto che voltandomi mi sono trovato un trasognante J Mascis impegnato a gustare un insalata.Una corsa per ritirare il braccialetto dell'abbonamento e subito mi sono trovata immersa nel palco Primavera nelle note di Neko Case che sotto sua ammissione ancora subiva i postumi del jet lag. Pochi minuti per ambientarsi e mi sono catapultata al main stage di quest'anno, l'Heineken (posizionato nella parte più lontana del Forum e caratterizzato da una scomodità e un freddo veramente fastidiosi), dove i Tame Impala stavano iniziando a suonare la loro Elephant. Giovanissimi ma impeccabili nell'esibire un sound seventies privo di sbavature e una voce senza imprecisioni, forse troppo perfetti e troppo simili al cd, diciamo che hanno battuto strade sicure garantendo comunque uno spettacolo ineccepibile. La solita gara podistica tra un palco e l'altro ci porta a ritrovare J Mascis con i suoi Dinosaur Jr che levato il cappello e cambiato maglietta ci sbatte contro il solido e graffiante suono della sua band e dei suoi assoli. Storici. Scorrazziamo tra vari palchi godendoci un Grizzly Bear che non delude, un inaspettato e convincente live dei Menomena (tranne il look capello renegade biondo, maglietta celeste e pantaloni bianchi del cantante), la forza bruta dei Fucked Up e l'hiphop-dubstep dei Death Grips fino a giungere ai due main event della giornata.
POSTAL SERVICE
Attesi, super attesi, strattesi da tutti. Le rare performance di questo side project che coinvolce il frontman dei Death Cab for Cutie Ben Gibbard, Dntel e Jenny Lewis sono sempre un grande evento e il live al Primavera Sound non è stato da meno. Il clima danzereccio è palpabile e subito la band accontenta il pubblico suonando The District Sleeps Alone Tonight seguita da una coinvolgente We Will Become Silhouettes con il suo para para para. Ben e Jenny (che si presenta con dei collant discutibili) non si sprecano e si alternano alla batteria regalando momenti memorabili ma purtroppo la scarsità di pezzi si fa sentire e il ritmo su alcuni brani cala ma il gran finale Brand New Colony fa scordare tutto e ci lascia più che appagati.
PHOENIX
I francesi si presentano sul palco caricatissimi e accompagnati da una scenografia eccezionale, in assoluto la migliore del festival con immagini, luci e colori che sanno accompagnare alla perfezione lo show. Esplodono subito con Entertainment che fa scatenare il popolo del Primavera. L'inconfondibile voce di Thomas Mars e la potenza della batteria di Thomas Hedlund insieme alle chitarre di Brancowitz e Mazzalai ci avvolgono e ci fanno ballare sulle note di Lisztomania. Il ritmo è serratissimo e la band non sbaglia un colpo, Thomas si getta sul pubblico e canta con loro fino a portarci ad un attesa 1901. Durante l'encore accade l'inaspettato, prima un mare di coriandoli viene sparato sul pubblico e poi Mars sulle note del bis di Entertainment si getta in mezzo al pubblico e letteralmente nuota in un mare di mani che fanno a gara per sorreggerlo ma mentre tutti erano intenti ad osservare il frontman della band parigina un assolo dal suono diverso balza nelle orecchie e voltandosi verso il palco ci si accorge della presenza di J Mascis che regala un inedito featuring. Uno spettacolo incredibile, coinvolgente e pieno di "colpi di scena" che a mio avviso lo rendono il best act del festival.
Tame Impala |
Dinosaur Jr |
Dinosaur Jr |
Grizzly Bear |
Menomena |
Postal Service |
Postal Service |
Phoenix |
Phoenix |
Animal Collective |
DAY TWO
Il clima invernale si manifesta accompagnato da un vento freddo che mi costringe a rivedere tutti i miei look per evitare di congelarmi sulla strada tra un palco e l'altro. Appena valco le porte del Forum mi trovo di fronte a cappotti, giacche di pelle e piumini che danno all'evento un nonsoche di surreale. Fortunatamente trovo subito riparo all'interno dell'Auditorium che ospita il palco Rockdelux dove si esibisce uno degli artisti piu bizzarri e controversi di sempre: Daniel Johnston. Daniel con il suo fare impacciato e sopra le righe emoziona con i suoi brani più classici come Casper the Friendly Ghost e l'atmosfera intima dell'auditorium accentua queste sensazioni. Conclude il live scordandosi di cantare l'ultimo brano True Love Will Find You in the End ma l'organizzazione interviene evitando di farci perdere questa ultima gemma. La giornata passa tra un esaltante live dei Django Django che ci scaldano con le loro calde sonorità, la scoperta dei PAUS e delle loro percussioni, il rock barbuto di Matthew E. White e infine un deludente ritorno sul palco dei The Breeders di cui, fatta eccezione per Cannonball, non sentivamo affatto la mancanza. Per questioni di tempo decidiamo di non assistere con un pizzico di rimorso alle cupe sonorità dei Jesus and Mary Chain ma ci emozioniamo insieme ad un foltissimo pubblico sulle dolci note di Daughter che si emoziona insieme a noi per la quantità di gente che ha scelto lei invece dei nomi più blasonati. Assistiamo alla conclusione del concerto dei Local Natives che mi godrò più approfonditamente nella loro prossima tappa romana a novembre e non mi lascio scappare neanche una parte dell'eccezionale (e bellissimo) James Blake che come pochi riesce a fondere rock d'autore e suoni elettronici con una capacità vocale che in pochi hanno il dono di possedere. Ancora frastornata dalla performance del londinese dall'inconfondibile ciuffo mi dirigo gambe in spalla verso il live forse più atteso del festival.
BLUR
La band britannica sale sul palco e attacca con un classico dei primi anni come Girls & Boys e se non fosse per le ormai evidenti rughe che solcano i volti di Damon Albarn e compagni sarebbe impossibile distinguerli dai ragazzini che lottavano con gli Oasis negli anni 90 per la supremazia nel Brit Rock. Salti, balli e capriole si sprecano mostrando una carica e una complicità che gli anni non hanno scalfito, il pubblico se ne accorge e li segue in una danza senza sosta su brani vecchi e nuovi. Tender è emozionante e il coro spontaneo che prosegue anche una volta terminato il brano ne è la riprova. Parklife esalta e The Universal tocca tutti nel profondo preparandoci all'ovvio gran finale di Song 2 che ci fa benvolentieri esaurire le nostre ultime forze.
DAY THREE
La stanchezza e il freddo cominciano a farsi sentire ma stringo i denti ed affronto questo terzo giorno che mi dona un affascinante mix tra concerto e musical nello spettacolo offerto dai Dexys nel loro grande ritorno dopo quasi 30 anni all'Auditorium. Kevin Rowland ha ancora la voce di un tempo e in questa occasione viene presentato il convincente One Day I'm Going To Soar. Nell'arco di questa ultima giornata di festival ho assistito ad una divertente performance dei Camera Obscura insieme a un eccezionale Nick Cave che non inserisco nei miei main event per una mia personale avversione verso lo stesso. Ma i veri protagonisti sono stati due band, una inaspettatamente positiva e un'altra incredibilmente deludente.
WU TANG CLAN
Fuori luogo ma incredibilmente divertenti e coinvolgenti sotto ogni punto di vista. La storica band hip hop ha solcato il palco Primavera suonando le sue storiche sonorità old school e ha saputo raccogliere davanti a se un pubblico che riuniva rocker, hipster e b-boy che all'unisono alzavano le braccia al cielo urlando WU TANG. Il pubblico è sempre partecipe dall'inizio alla fine partendo da un'eccezionale cover di Come Together fino a giungere a un emozionante tappeto di smartphone in memoria di Ol' Dirty Bastard. Lascia a bocca aperta la performance di Mathematics ai turntables e dopo l'ennesima annaffiata di champagne lasciano il palco e noi stremati.
MY BLOODY VALENTINE
DELUDENTE. L'attesa reunion dei My Bloody Valentine si traduce in una versione karaoke dei loro brani visto che i microfoni erano spenti o a un volume talmente basso da non risultare udibile. Ho abbandonato stizzita il live dopo poche canzoni. Fortunatamente abbandonare il palco Heineken mi ha portato a vedere lo stupefacente sia per presenze, forse più che ai my bloody valentine, che per qualità della performance dei Crystal Castles che con le loro sonorità elctro ci ha regalato la conclusione ideale per il festival.
BLUR
La band britannica sale sul palco e attacca con un classico dei primi anni come Girls & Boys e se non fosse per le ormai evidenti rughe che solcano i volti di Damon Albarn e compagni sarebbe impossibile distinguerli dai ragazzini che lottavano con gli Oasis negli anni 90 per la supremazia nel Brit Rock. Salti, balli e capriole si sprecano mostrando una carica e una complicità che gli anni non hanno scalfito, il pubblico se ne accorge e li segue in una danza senza sosta su brani vecchi e nuovi. Tender è emozionante e il coro spontaneo che prosegue anche una volta terminato il brano ne è la riprova. Parklife esalta e The Universal tocca tutti nel profondo preparandoci all'ovvio gran finale di Song 2 che ci fa benvolentieri esaurire le nostre ultime forze.
Daniel Johnston |
PAUS |
James Blake |
Daughter |
Matthew E. White |
DAY THREE
La stanchezza e il freddo cominciano a farsi sentire ma stringo i denti ed affronto questo terzo giorno che mi dona un affascinante mix tra concerto e musical nello spettacolo offerto dai Dexys nel loro grande ritorno dopo quasi 30 anni all'Auditorium. Kevin Rowland ha ancora la voce di un tempo e in questa occasione viene presentato il convincente One Day I'm Going To Soar. Nell'arco di questa ultima giornata di festival ho assistito ad una divertente performance dei Camera Obscura insieme a un eccezionale Nick Cave che non inserisco nei miei main event per una mia personale avversione verso lo stesso. Ma i veri protagonisti sono stati due band, una inaspettatamente positiva e un'altra incredibilmente deludente.
WU TANG CLAN
Fuori luogo ma incredibilmente divertenti e coinvolgenti sotto ogni punto di vista. La storica band hip hop ha solcato il palco Primavera suonando le sue storiche sonorità old school e ha saputo raccogliere davanti a se un pubblico che riuniva rocker, hipster e b-boy che all'unisono alzavano le braccia al cielo urlando WU TANG. Il pubblico è sempre partecipe dall'inizio alla fine partendo da un'eccezionale cover di Come Together fino a giungere a un emozionante tappeto di smartphone in memoria di Ol' Dirty Bastard. Lascia a bocca aperta la performance di Mathematics ai turntables e dopo l'ennesima annaffiata di champagne lasciano il palco e noi stremati.
MY BLOODY VALENTINE
DELUDENTE. L'attesa reunion dei My Bloody Valentine si traduce in una versione karaoke dei loro brani visto che i microfoni erano spenti o a un volume talmente basso da non risultare udibile. Ho abbandonato stizzita il live dopo poche canzoni. Fortunatamente abbandonare il palco Heineken mi ha portato a vedere lo stupefacente sia per presenze, forse più che ai my bloody valentine, che per qualità della performance dei Crystal Castles che con le loro sonorità elctro ci ha regalato la conclusione ideale per il festival.
Camera Obscura |
Crystal Castles |
Dexys |
Nick Cave |
STREETSTYLE
A causa del clima avverso gli outfit che avevo programmato di indossare sono stati modificati totalmente per venire incontro alla necessità di coprirsi il più possibile per difendersi dal vento polare. Anche il popolo del Primavera Sound si è trovato nella mia stessa situazione e a differenza dell'anno scorso la presenza di improbabili look e stili si è rarefatta e ai variegati colori dello scorso anno si sono sostituiti la monotonia e i grigi colori di giacche di pelle e piumini. Fortunatamente qualche coraggioso (o incoscente) c'era e la carrellata che presento qui sotto ne è la prova. L'eccentrico carrozzone stilistico del Primavera Sound era presente anche se in parte nascosto da sciarpe e cappotti.
SFERA CUBICA
Concludo questo lunghissimo post facendo una menzione d'onore a chi ci ha permesso di poterlo realizzare e di partecipare come professionisti a questo evento: Sfera Cubica. Per il secondo anno consecutivo Sfera Cubica si occupa delle relazioni con l'Italia del Primavera Sound Festival e lo fa con competenza e dedizione e offre ai professionisti una disponibilità unica. Un ringraziamento particolare ad Andrea e a Chiara.
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belle foto ;) e ben tornata ^_^
RispondiEliminacioè scusa, te ne sei andata dai bloody valentine per andare a vedere i crystal castle? e lo dici pure? non ti vergogni?
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